Pagina:Pirandello - Quaderni di Serafino Gubbio operatore, Firenze, Bemporad, 1925.djvu/100

Simone Pau lo presentò al senator Zeme, che scappò via, indignato; risero tutti; ma Simone Pau, serio, riprese a far la presentazione alle attrici, agli attori, ai direttori di scena, narrando a scatti un po’ all’uno un po’ all’altro, la storia del suo amico, e come e perchè dopo quell’ultimo famoso intoppo non avesse più sonato. Alla fine, tutto acceso, gridò:

— Ma egli oggi sonerà, signori! Sonerà! Romperà l’incanto malefico! Mi ha promesso che sonerà! Ma non a voi, signori! Voi vi terrete discosti. M’ha promesso che sonerà alla tigre! Sì, sì, alla tigre! alla tigre! Bisogna rispettare questa sua idea! Certo avrà le sue buone ragioni! Andiamo, su, andiamo tutti... Ci terremo discosti... Egli si farà, solo, innanzi alla gabbia, e sonerà! —

Tra gridi, risa, applausi, sospinti tutti da una vivissima curiosità per la bizzarra avventura, seguimmo Simone Pau, che aveva preso sotto il braccio il suo uomo e lo spingeva avanti, seguendo le indicazioni che gli si gridavano dietro, su la via da tenere per andare al serraglio. In vista delle gabbie, ci arrestò tutti, raccomandando silenzio, e mandò avanti, solo, quell’uomo col suo violino.

Al rumore, dai cantieri, dai magazzini, operai, macchinisti, apparatori, accorsero in gran numero per assistere dietro di noi alla scena: una folla.

La belva s’era ritratta d’un balzo in fondo alla gabbia; inarcata, a testa bassa, i denti digrignati, le zampe artigliate, pronta all’assalto: terribile!

L’uomo la guatò, sbigottito; si voltò perplesso a cercare con gli occhi tra noi Simone Pau.