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XI. — Le tre carissime. 139

s’era fisso il chiodo di far l’attrice drammatica, e declamava ad altissima voce, con grandi gesti, condannando la vecchia madre a farle la controparte. La povera vecchietta, paziente, la secondava, stando seduta e leggendo placidamente con gli occhiali su la punta del naso:

Odetta: — Voi pretendete obbligarmi ad uscire?

Conte: (leggeva la madre): — Di casa mia.... Sì, e sul momento.

Odetta: — E mia figlia?

Conte: — Oh, mia figlia.... La tengo meco.

Odetta: — Qui? Senza di me?

Conte: — Senza di voi.

Odetta: — Via! voi siete pazzo, signore.... Mia figlia mi appartiene, e voi non isperate di separarmi da lei. —

Così, finchè non tornò al villino, dopo alcuni mesi d’assenza, uno degli assidui che si erano pe’ primi eclissati: voglio dire il Ruffo.

Arnaldo Ruffo, ve l’ho accennato, prima dell’avventura del povero Tranzi aveva fatto concepire serie speranze a Giorgina. Era uno di quelli che potevano, benchè due capatine a Monte Carlo avessero scemato di molto le sue sostanze: bel giovane, alto, bruno, solido: il marito che ci voleva per Giorgina. Il primo amore, in lui, col possesso, divampò, diventò passione violenta. Pare che i parenti abbiano tentato di strapparlo alla ragazza una seconda volta, costringendolo a provare la sciocca medicina di un viaggetto di distrazione. Tornato, come una farfalletta al lume, al villino Marùccoli, pare altresì che abbia trovato Giorgina innamorata già di un altro assiduo del momento e che nel villino siano accadute furibonde scene di gelosia. Alcuni amici mi racconta-