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132 | Novelle per un anno. |
il danno, solo perchè abbiamo voluto costringerla a imporre alla natura certi doveri, che questa poi non vuole nè riconoscere nè rispettare. Quasi che una donna non possa amare neanche per isbaglio un altr’uomo che non sia precisamente suo marito, solo perchè dalla società le si è fatto dire che una moglie non deve. La società, poverina, lo dice e lo impone; ma che colpa ha, se la natura poi se ne ride?
Come pare, voi dite, che non sono ammogliato!
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Veniamo al caso delle Marùccoli.
Vorrei che prima di condannare, tentassimo di esaminar bene, se ci riesce, il pro e il contro, senza servirci di quelle parole che sono come le mosche d’agosto pronte ad accorrere a ogni lagrima o a ogni sputo (scusate).
Non sapete tante cose, delle quali a prima giunta pare che non si debba tener conto, ma che pure hanno o dovrebbero avere il maggior peso nella famosa bilancia della giustizia.
Non vi meravigliate per tanto, se a un piatto di questa bilancia mi vedrete, fra l’altro, recare a bracciate tante cose che ancora m’ubriacano. Ecco: tutti questi abiti smessi delle tre povere figliuole. Voi ignorate che uscivano dalle loro mani questi abiti tanto ammirati per la loro bizzarra leggiadria: la madre, espertissima, tagliava, e loro tre imbastivano, cucivano a mano e a macchina per intere giornate, come tre gaje sartine. E non sapete che coi pizzi e i nastri appendevano a ogni abito la speranza, che con quello avrebbero finalmente dato nell’occhio a qualcuno che le avrebbe sposate.