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38 Novelle per un anno.


— Spiiiia!

— Laaaadro! —

E alla fine, quando entrambi sentirono di essersi raschiata la gola e credettero d’aver ciascuno impresso su la grinta dell’altro, indelebilmente, il marchio d’infamia contenuto in quella parola tante volte e con tanta veemenza ripetuta, si voltarono le spalle, e Meo Zezza prese di qua e don Filiberto Fiorinnanzi di là, frementi, ansimanti, schizzando faville dagli occhi, stirandosi il collo in su, il panciotto in giù, e ripetendo, fra il tremolio delle labbra aride, quello:

— Spia.... spia.... spia.... — e questo: — Ladro.... ladro.... ladro.... —

Ultimi guizzi della fiammata.

Ma l’ira e lo sdegno si riaccesero in don Filiberto Fiorinnanzi, appena varcata la soglia di casa.

Spia, lui?

Si sentiva tutto insozzato da quella parola; e si levò, sbuffando, la palandrana.

Spia, un galantuomo, perchè s’accorge di un ladro, che da tant’anni ruba a man salva?

E, con le mani che ancora gli ballavano, si mise a spazzolar la palandrana, prima di riporla nell’armadio.

Ma a chi e quando aveva lui denunziato i furti continuati di quel ladro? Non aveva mai aperto bocca con nessuno, mai! Si era solamente contentato, fino a poco tempo fa, di fissarlo: ecco, sì, di guatare Meo Zezza in un certo modo speciale, quando costui sempre tutto fremente di calda bestialità festosa, gli