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soddisfazione che m’ha data affermando cosí forte il mio diritto a mentire, data la vita che faccio.

A Salter:

Vuoi ti dia conto delle mie menzogne? E dallo tu a me delle tue!

Salter. Io non ho mai mentito!

L’Ignota. Tu? Ma se non facciamo altro, tutti!

Salter. A te: mai!

L’Ignota. Perché certe volte hai l’impudenza di dirmi...?

Salter (troncando, violentissimo). — basta! —

L’Ignota. — mentisci a te stesso, anche con le tue schifose sincerità, perché poi non è neanche vero che sei cosí spaventoso. Consolati con questo: che nessuno veramente mentisce del tutto. Tentativi di darla a bere, agli altri e a noi stessi! Quattr’anni fa, caro, può essermi morto «qualcuno», se non mio marito; e qualcosa di vero, dunque, esserci — quasi come in tutte le storie che si raccontano.

A Boffi:

Ma ciò non vuol dire che mio marito sia vivo e qua almeno per me.

Giocando a far la misteriosa, come se improvvisasse una poesia:

È il marito, al piú al piú — d’una che non c’è piú! — Sarà un povero vedovo. Vale a dire uno — come marito — morto. Ce ne racconti un po’ la storia: può essere interessante, se è venuto fin qua. Cosí si verrà anche a sapere qualche verità vera sul conto di questa signora Lucia, che sarei io.

A Salter:

Ascolta ascolta...

Boffi (deciso, facendosi avanti). Mi lasci parlare un momento con lei, signora, da solo a sola!

L’Ignota. Ah no: da solo a sola no, per carità! Qua davanti a lui: mi piace che sappia —

Si sdraja.

Tanto, sa, non c’è piú segreti, oggi, né pudori,

Salter. Come le bestie!