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questo diritto d’esser creduta: per dirtelo. T’ho cagionato tutto questo sconvolgimento, e anche alla tua fidanzata, e sapevo, sapevo di non doverlo fare; che non avevo piú nessun diritto di farlo, perché...

Guarda verso il Grotti, poi si rivolge di nuovo a Franco:

L’hai saputo? Da sua moglie, è vero?

Franco (quasi senza voce). Sí.

Ersilia. L’ho preveduto. E lui è venuto qua a negare, è vero?

Franco (c. s.). Sí.

Ersilia. Ecco, vedi?

Lo guarda e fa un gesto di sconsolata pietà, aprendo appena le mani: gesto che dice senza parole la ragione per cui l’umanità martoriata sente il bisogno di mentire. Dolcissimamente aggiunge:

E anche tu...

Franco (commosso, con impeto di sincerità, intendendo il gesto). Sí, anch’io, anch’io!

Ersilia (sorridendo, quasi d’un sorriso lontano). Hai detto il sogno... non so... cose belle. — E sei accorso qua per riparare. — Sí, come lui — per riparare — ha negato.

Il Grotti scoppia in violenti singhiozzi. E allora ella turbandosi e facendogli cenno di frenarsi e di smettere:

No, no, per carità! È che ciascuno, ciascuno vuol fare una bella figura. — Piú si è... piú si è...

vuol dire «laidi», ma ne prova schifo e insieme ancora tanta pietà, che quasi non le viene di dirlo.

— e piú ci vogliamo far belli, ecco.

E sorride.

Dio mio sí, coprirci con un abitino decente, ecco. Io non ne avevo piú nessuno per ricomparirti davanti. Ma seppi che anche tu... sí, t’eri strappato quell’abito bello di marinajo. E allora mi vidi... mi vidi per la strada, senza piú nulla... — e...

s’infosca al ricordo di quella sera per la strada, uscita dall’alberguccio