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914 | maschere nude |
non veda piú altro scampo che nella morte, o nella pazzia. E come una pazza andavo a lui per dirgli tutto, tutto!
Grotti. Di noi due?
Ersilia. No! Di te! di te che, dopo la sua partenza, ti approfittasti —
Grotti. — io solo? —
Ersilia. — sí; di com’ero rimasta! — Bada che posso dir tutto, io, adesso — quello che nessuno ha mai osato dire — tocco l’ultimo, l’ultimo fondo, io — la verità dei pazzi, grido — le cose brute di chi non pensa di rialzarsi piú — di coprire la sua piú intima vergogna! — Tu m’afferrasti ancora calda del fuoco che m’aveva acceso lui nelle carni, quando, una volta toccata, non potevo piú stare! E nega che ti morsi! Nega che ti sgraffiai il collo, le braccia, le mani!
Grotti. Oh vigliacca! Tu m’aizzavi!
Ersilia. Non è vero! Non è vero! mai! — Fosti tu!
Grotti. Prima, sí! Ma dopo?
Ersilia. Mai! Mai!
Grotti. M’afferravi il braccio di nascosto!
Ersilia. Non è vero!
Grotti. Non è vero? Bugiarda! M’hai perfino punto con l’ago, una volta, alla spalla!
Ersilia. Perché lei non mi lasciava tranquilla!
Grotti. Oh guarda! Lei dice adesso!
Ersilia. Io ero la serva!
Grotti. E dovevi ubbidire?
Ersilia. La carne, la carne ubbidiva! il cuore no, mai! Io sentivo odio!
Grotti. Piacere, piacere, sentivi!
Ersilia. No, odio! Odio, quanto piú mi davi piacere, sí! Dopo, t’avrei sbranato, come la mia stessa onta! Non consentii mai col cuore che mi sanguinava, dopo, di prenderne lo stesso piacere, tradendolo, tradendolo, il mio cuore, come una ladra svergognata! Mi guardavo le braccia nude, e me le mordevo! Cedevo, cedevo sempre; ma sentivo dentro di me che il mio cuore, no, non si concedeva! — Ah, infame! Mi levasti col vizio l’unica gioja della mia vita — che quasi non mi pareva vera — la felicità di sentirmi promessa —
Grotti. — mentre qua lui stava per sposare un’altra.
Ersilia. Lo vedi, dunque? Canaglia tutti! E mi vieni a dire