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vestire gli ignudi 907


vuole lasciare: m’ha preso coi denti, e non mi vuole lasciare. Eccoli qua tutti, ancora, addosso a me! — Dove me ne debbo andare?

Ludovico (piano a Franco). Gliel’ho detto. L’animo della signorina bisogna che a poco a poco si ricomponga, e...

Ersilia. Mi vuole tormentare anche lei, adesso?

Ludovico. Io no — al contrario!

Ersilia. Ma se lei lo sa, che non è piú possibile!

Ludovico. Perché no, scusi?

Ersilia. Ah, per lei che lo aveva intuito cosí bene, può non esser nulla; è stato anzi un piacere intuirlo! Ma pensi che quello che lei suppose d’una immagine della sua mente, io lo soffersi nelle mie carni vive, che subirono l’onta, il ribrezzo!

Ludovico. Ah, per questo?

Ersilia. Glielo dica, glielo dica quello che ho fatto, perché se ne vada!

Ludovico. Ma nient’affatto! Perché nessuno le può far colpa di questo!

Ersilia. E allora glielo dico io! — Sappia che mi sono offerta per la strada al primo che passava!

Ludovico (subito, con impeto, a Franco che si copre il volto con le mani). Per disperazione! Alla vigilia del suicidio! Ha capito?

Franco. Sí, sí! Oh, Ersilia...

Ludovico. La mattina dopo s’avvelenava in un pubblico giardino, perché non aveva nella borsetta neanche tanto da pagare il conto dell’albergo! Ha capito?

Franco. Ma sí! E questo fa crescere il mio rimorso, l’obbligo per me di ricompensarti di tutto il male che t’ho fatto!

Ersilia (con un grido, esasperata). Ma no, tu!

Franco. Io! Io! E chi altri?

Ersilia (con estrema esasperazione). Mi volete proprio far dire tutto — tutto? Anche quello che nessuno confida neanche a se stesso?

Si ferma un momento per contenersi; e poi dice ferma, recisa, guardando innanzi a sé con occhi da pazza:

Misurai freddamente lo schifo provato, per vedere se avrei potuto resistervi! Mi passai la cipria sul viso, prima d’uscire dall’albergo, col veleno nella borsetta dentro un tubetto