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vestire gli ignudi | 903 |
Ludovico. Eh, purtroppo, a un certo punto...
Franco (con crescente foga). No! No! quando ci lasciamo persuadere che non è possibile vivere come s’è sognato, e che è difficile, inattuabile quello che nel sogno ci pareva facile. Facile, tanto che si toccava!
Ludovico. Già! Ma perché in certi momenti, caro signore, l’anima si libera di tutte le miserie comuni.
Franco. Ecco, sissignore!
Ludovico. Balza su dai piccoli ostacoli dell’esistenza quotidiana; e non ne avverte piú i minuti bisogni e si scrolla d’addosso cure meschine e mediocri doveri.
Franco. Benissimo! E cosí sciolta, cosí libera, respira, palpita in un’aria fervida, infiammata, ove anche le cose piú difficili, le dicevo, diventano facilissime.
Ludovico. E tutto è fluido e agevole, come in un’ebbrezza divina. Sí. Ma sono momenti, caro signore!
Franco (subito con forza). Perché l’animo nostro cede, non sa resistere: ecco perché!
Ludovico (sorridendo). No no. Perché lei non sa che bei tiri le giuoca e che scherzi le combina, che graziose sorprese intanto le prepara la sua anima, respirando, palpitando nell’aereo fervore di quei momenti, sciolta d’ogni freno, destituita d’ogni riflessione, accesa, abbagliata in quella fiamma di sogno. Lei non se n’accorge: ma un bel giorno — un brutto giorno — si sente tirato giú.
Franco. Ecco! Sí! Ma non bisogna cedere! Appunto! Non bisogna lasciarsi tirar giú! E perciò le dico che voglio ritornarmene là, lontano; riportarmela dove lei seguitò a vivere, aspettandomi, lieta, fidente, in quella luminosa felicità di sogno, che a me, per un oscuramento di tutto — dello spirito, della coscienza — è parsa come una follia, di cui fossi rinsavito, compiacendomene, come se avessi dato a me stesso una prova di... di saggia disinvoltura, ecco! Ma ora sento, sento che mi si è rifatto quell’animo: mi sono ritrovato! E lo debbo a lei!
Ludovico. Non si esalti! Vedrà com’è caduta.
Franco. La rialzerò! La rialzerò!
S’apre l’uscio in fondo: appare Ersilia.