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vestire gli ignudi 895


Onoria. E va bene! Basta! Lei lo dirà domani al signor Nota...

Ersilia. Volevo restare qua in pace...

Onoria. E perché non può restare, se vuole?

Ersilia. Perché vedrà che lo faranno seccare, stancare!

Onoria. Il signor Nota?

Ersilia. L’ha detto!

Onoria. No, non credo! Ha un po’ la testa per aria; ma è buono, vedrà che è buono in fondo, il signor Nota.

Ersilia. Ma c’è quell’altro... quell’altro...

Onoria. Chi?

Ersilia. Quell’altro, ch’io non volevo neanche nominare! Ha già minacciato una querela al giornale!

Onoria. Il console?

Ersilia. Lui! Non mi lascerà piú in pace;

Di nuovo, insorgendo, disperata:

Oh Dio, oh Dio! Me ne lasci andare! Me ne lasci andare!

Onoria. Ma no! Si calmi, Dio mio! Ci penserà il signor Nota a tenerlo a posto, quest’altro! Che vuole che le faccia, infine, dopo il modo con cui l’ha trattata? Si calmi, via; si calmi...

Ersilia s’abbatte, sfinita, su una seggiola.

Vede che non si regge neanche in piedi?

Ersilia (disperatamente). È vero, è vero... Oh Dio, come devo fare?

Onoria. Ritorni a letto, sia buona! Le porterò qualche ristoro. Poi riposerà tranquilla...

Ersilia (piano, timida, voltandosi a lei per una di quelle intime confidenze sottintese che si fanno tra loro le donne). Ma lei capisce che... che sono cosí come m’ha veduta, e...

Onoria. E...?

Ersilia. Non ho nulla... nulla, con me... Avevo all’albergo, dov’ero scesa, una valigina: non so che ne sia piú. L’avranno sequestrata.

Onoria. Penseremo domani a ritirarla. Non si dia pena. Manderò, o andrò io stessa.

Ersilia (c. s.). Già, ma ora... ora sono nuda.

Onoria (subito, amorevole e premurosa). Ma penserò io, penserò