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Ludovico. Su, su, coraggio, Ersilia!

Cantavalle. Non è niente, non è niente, signorina!

Ersilia (con voce quasi allegra, di stupore bambinesco). Oh Dio, sono caduta?

Ludovico. No, perché? Ma ci hai fatto prendere uno spavento!

Ersilia. Non sono caduta?

Ludovico. Ti dico di no!

Onoria. Provi, provi se può levarsi in piedi!

Ludovico. Ecco, sí: piano piano!

Ersilia. Perché? — M’è parso di cadere... Come se tutt’a un tratto, non so, fossi diventata di piombo...

Guarda anche il Cantavalle, ma subito, appena lo vede, ne ha come un terrore nervoso e balza in piedi.

Oh Dio, no! no!

Vacilla, è per cadere; subito Ludovico e la signora Onoria la sorreggono.

Ludovico. Ma no, via, Ersilia, che cos’è?

Ersilia (si ripara, convulsa, dalla vista del Cantavalle e tenta di fuggire). Via! Via! Via!

Onoria (c. s.). Sí, via, andiamo di là...

La conduce con Ludovico verso l’uscio in fondo.

Ludovico. Sul letto, sí! Ecco, ti sorreggiamo noi...

Onoria. Piano! piano! E io starò con lei... Si stenderà...

Ludovico. Un po’ di riposo... e tutto sarà finito...

Ersilia. Non posso vedere... non posso sentire piú nulla...

Onoria (davanti all’uscio, a Ludovico). Lei resti qua, resti qua! Ci bado io!

Via con Ersilia per l’uscio in fondo.

Ludovico. Mi pare che si potrebbe finire di tormentare questa disgraziata!

Cantavalle. Non lo dite a me, che sono tanto addolorato, caro Maestro! Ma questo è niente! C’è purtroppo un altro guajo, che la signorina ancora non sa!

Ludovico. Un altro guajo?

Cantavalle. Eh sí! È meglio che ve ne avverta. È venuto a dirlo in redazione lui stesso, il console.