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Ludovico (quasi tra sé). Ah, ho capito! ho capito! Sarà stato quel chiacchierone...

A Ersilia:

Che vuoi fare? Vuoi che passi?

Ersilia. Ma no... io non so... che spiegazioni debbo dargli?

Ludovico. Vado io a sentire.

Esce per la comune.

Onoria. Oh povera figliuola, se sapesse che pianto, che pianto ho fatto leggendo nel giornale tutta la sua storia!

Ersilia (con grande ambascia, senza darle ascolto, guardando verso l’uscio). Ma che vorranno, adesso?

Onoria (confusa). Ma, forse... chi sa...

Ersilia (disperandosi). Oh Dio, io non posso piú reggere a nessuna sorpresa.

Onoria. Si sente male?

Ersilia. Ma sí, tanto! Qua...

Accenna la bocca dello stomaco.

Soffoco! Mi hanno salvata; ma... chi sa che male mi sarà rimasto qua. Non mi posso neanche toccare. E alle reni, poi, uno spasimo, cosí fitto, fitto...

Smania e geme:

Oh Dio mio...

Scatta d’improvviso e viene su dalla via il suono sguajato d’un organetto.

Onoria. Si slacci, si slacci...

Ersilia. No, no...

Urtata, offesa dal suono dell’organetto:

Ah, per carità, lo faccia andar via!

Onoria. Sí, subito!

Caccia in tasca la mano per prendere il portamonete.

Subito!

Corre alla finestra; l’apre; chiama giú il sonatore ambulante, gli fa segno che se ne vada; ma quello seguita a sonare; e allora lei, buttandogli una manciata di soldi, gli grida: