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878 | maschere nude |
Ludovico. Anche lui, dicevano.
Ersilia. Ma no! La moglie... — Dio mio!
Ludovico. Perché gelosa di te. — Eh, me l’immagino! — Un gendarme —
Ersilia. No! Che! Piccola — magra ruvida gialla — un limone!
Ludovico. Oh guarda! Io... Ma sai come la vedo viva: cosí, alta, nera, con le ciglia giunte: potrei dipingerla!
Ersilia. Ma tu vedi tutto il contrario! Chi sa come allora vedevi anche me! No no: è invece come ti dico io.
Ludovico. Già, ma è che a me, veramente, serviva un donnone, perché vedo la bambina gracile gracile.
Ersilia. Ma che gracile! Oh Dio, la mia Mimmetta!
Ludovico. Io Titti difatti la chiamavo.
Ersilia. Ma che Titti, Mimmetta! Mimmetta! Un fiore, ti dico. Traballava tutta su quelle gambottole rosee! A ogni passino le sobbalzavano perfino le guance e tutte quelle boccole d’oro! Voleva bene a me, a me soltanto!
Ludovico. E anche di questo, naturalmente, lei sarà stata gelosa.
Ersilia. Eh, altro! Di questo soprattutto! E fu lei, sai? lei, quando venne quell’altro, in crociera —
Ludovico. — il tenente di vascello?
Ersilia. — sí; lei, lei a crearmi attorno, quella notte — apposta — l’incanto che mi doveva perdere; là, sola, in quel giardino, come inebbriata, con quelle palme, gli odori... quegli odori...
Ludovico. È bella, è bella, perché sa cosí di mare, di sole, di notte orientale, la tua storia!
Ersilia. Se non l’avessi sofferta —
Ludovico. — con quella strega: me l’immagino! — Ma è la perfidia, capisci, di chi non ha mai goduto, e sa che il godimento apparecchiato insidiosamente a un’altra sarà presto scontato col piú amaro disinganno... — Bellissimo!
Ersilia. L’avessi vista... — Materna! — Perché lui aveva formalmente chiesto la mia mano a lei e al console, a cui ero affidata. — Uh, tutte le larghezze! — E poi, quando lui partí... Dio, come si fa a cambiare tutt’a un tratto, da cosí a cosí? — Una vessazione che non ti dico; niente piú che