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Ludovico. Ma guarda che pettegola! Scusi tanto, signorina. Appena entrata, questa bella scena.

Ersilia. Oh niente! Mi duole piuttosto che, per causa mia...

Ludovico. No; combatto già da un anno con questa strega: legato, che so! come da un incubo da tutte queste cose lerce qua. Lei forse s’immaginava... la casa d’uno scrittore...

Ersilia. No, io niente, per me. Ma certo è triste che lei, con tanta fama...

Ludovico. Avremo per la fine del mese un quartierino quieto, su al Macao: in via Sommacampagna, tra i giardini. Andremo a visitarlo domani, insieme. E compreremo insieme la mobilia nuova; e lei si comporrà con le sue mani il suo nido...

Ersilia. Dio mio, ma per me...

Ludovico. Dovevo, no — mi dovevo levar di qua: a qualunque costo! Sa, sono... sono come uno che ha sempre da cominciare. Ma sono cosí contento d’aver avuto quest’estro, di scrivere a lei; e di cominciarla con lei, adesso, una nuova vita. — Stagno: mosche: afa. Tutt’a un tratto si rifiata: aaah! — Che cos’è? — Niente: s’è levato un po’ di vento! — La mia vita è cosí.

Ersilia. Non so proprio come ringraziarla.

Ludovico. Ecco... dovresti cominciare a dire, se mai, «ringraziarti »; ma non è il caso, perché debbo io al contrario ringraziar te d’avere accettato il poco che...

Ersilia. No, è tanto! tanto! per me è tanto!

Ludovico. Ecco, per te. Voglio dire per quello che tu lo farai diventare, questo poco che posso offrirti.

Ersilia. Ma non lo dica nemmeno!

Ludovico (con un sorriso, correggendo). «Non lo dire».

Ersilia. Bisogna che mi abitui. Sono, se sapesse, cosí mortificata!

Ludovico. Mortificata di che?

Ersilia. Ma di questa fortuna...

Ludovico. Eh via! Perché sono uno scrittore?

Ersilia. Che il racconto delle mie disgrazie, letto in un giornale, il mio atto disperato, abbiano potuto attirare la considerazione, la pietà —

Ludovico. L’interesse, l’interesse!

Ersilia. — d’un uomo come lei