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868 | maschere nude |
granata, la signora Onoria sui quarant’anni: tozza, goffa, ritinta e pettegola.
Onoria. Con permesso.
Ludovico (che non se l’aspetta). Oh, lei era di là?
Onoria (masticando). Ho rifatto il letto, per come mi ha lasciato scritto questa mattina nella saletta.
Ludovico (imbarazzato). Ah già.
Onoria (subito). Ma guardi che se deve servire per...
Guarda Ersilia e s’interrompe.
Ludovico. — che non è decente...
Onoria (subito inviperita). E me lo dice lei, scusi, che non è decente?
Ludovico (cercando di sorridere). Eh, mi pare! Sente lei stessa il bisogno di sbarazzarsene...
Onoria. Sissignore. Ma di «tutto», anche; non di questa roba soltanto!
Ludovico (alterandosi). Che intende dire? Sentiamo!
Onoria (tenendogli testa). Ma di codesta signorina, per esempio, che lei mi porta in casa! Se le par decente...
Ludovico. Ah, perdio! Parli con rispetto, o —
Onoria. — o che mi vuol fare? Io le voglio parlar chiaro, infine! Vado a lasciare questa roba, e torno.
Via di furia per la comune.
Ludovico (accennando di lanciarlesi dietro). Brutta pettegola arrabbiata!
Ersilia (afflitta, sbigottita, trattenendolo). No, no, per carità! Me ne lasci andare...
Ludovico. Ma nient’affatto! Quest’è casa mia, e lei resterà qua!
Onoria (rientrando subito). Sua? Che sua? Camera d’affitto, non è sua! E si ricordi che lei abita in casa di una signora per bene!
Ludovico. Chi, lei, per bene?
Onoria. Io, io, sissignore!
Ludovico. Ne sta dando una prova, difatti!