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come prima, meglio di prima | 859 |
immaginarti! — Ed è meglio cosí — ti dico io stessa che è meglio cosí! — Lasciami star tranquilla.
Livia. Ma starete tranquilla, ora! Me ne vado!
Fulvia. Tu non puoi andartene! Non devi! Ho patito il martirio, io, un anno, qua, perché tu restassi accanto a tuo padre almeno, poiché accanto a me non vuoi...
Livia la guarda male e, subito, lei allora correggendosi:
vera madre, finché non me ne sono astenuta, vedendo che tu non potevi rispondere a quest’affetto, e che anzi ne provavi sdegno, anziché piacere. — Ebbene, non voglio nulla. Seguita pure a sdegnarmi. — Ma sono la moglie legittima di tuo padre. E non te lo dico per me. Te lo dico per la bambina di là — che tu perciò devi amare; anche se non ami me: perché è tua sorella! Una figlia, tal quale come te, senza nessuna differenza! — E questo anzi è bene tu lo intenda subito: — Senza differenza! — Non potrei ammettere, che tu ne pensassi per lei una sola!
Livia. Tranne quella della madre, mi concederete.
Fulvia (perdendo a questo punto, alla sferzante ironia, ogni dominio di sé). No, nemmeno questa!
Livia (fredda, piú che mai ironica). Come, nemmeno questa? Non siamo mica figlie della stessa madre!
Fulvia. Ma che credi che sia io? Che pensi tu di me?
Livia. Le stesse cose, che proprio voi stimate da nascondere.
Fulvia. E vorresti farle pesare su mia figlia? — Ah, no, sai!
Livia. Mia madre...
Fulvia. Ma che tua madre! — Finiscila! — Tu non l’hai conosciuta!
Livia. Se non l’ho conosciuta so chi era; e so chi siete voi!
Fulvia. Chi sono io?
La afferra; la scrolla, al colmo del furore.
Livia (atterrita, inorridita). No, no!