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850 | maschere nude |
Ride.
Zia Ernestina (trasecolata). Che fiume?
Mauri. Ah sí, il Lete... Il Lete, ecco...
Caricando il tono:
Zia Ernestina. Siete ubriaco?
Mauri. No. Scorre veramente nelle taverne, ora, questo fiume. Ma io non bevo! — E sono tante notti, cara zia Ernestina, che non dormo piú. Mi sento gli occhi, sa come? — qua, questi due archi delle ciglia — sa, gli archi di certi ponticelli che accavalcano la rena, i ciottoli d’un greto asciutto, arido, pieno di grilli? — Cosí! — E ce li ho qua, davvero, negli orecchi, due grilli maledetti, che stridono, stridono da farmi impazzire! — Ah, posso parlare, posso parlare, ora, davanti a lei! E parlo anche bene — no? come quand’ero in campagna, là, che m’esercitavo all’oratoria, sperando d’esser promosso Pubblico Ministero, e imbussolavo i temi e mi mettevo a improvvisare ad alta voce, tra gli alberi: — Signori della Corte, Signori Giurati... — Parlo, parlo, mi scusi, perché non posso farne a meno... Ho una smania qui, nello stomaco... Mi metterei a gridare, dalla gioja... — La vedrò! — Fulvia le ha certo parlato di me.
Zia Ernestina. No! Mai! — Io non so chi siete!
Mauri. Non è possibile, scusi, che non le abbia detto che tentò d’uccidersi, or è un anno.
Zia Ernestina. Questo sí, me lo disse.
Mauri. E non le parlò di me?
Zia Ernestina. Mi parlò della vita che non poteva piú tollerare!
Mauri. Non è vero! Fu per me! — Lo nega, lo so. — Ma fu per me!
Zia Ernestina (tornando a squadrarlo, atterrita, ma pur con una certa pietà). Per voi?
Mauri (con uno scatto di sdegno). Ma non mi guardi il vestito, mi faccia il piacere!
Zia Ernestina (c. s. per rimediare). No... vi vedo... vi vedo cosí...