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come prima, meglio di prima | 843 |
Zia Ernestina (sbalordita). Che... che donna?
Livia. Aspetta! aspetta! — Spero di potertelo dire tra poco!
Zia Ernestina (dopo una pausa di sbalordimento: in tono di rimprovero contenuto). Ma che pensi! che cerchi! Statti quieta, figliuola mia; e credi che quella è una donna che ha molto sofferto...
Livia. Sofferto. Si vede dai capelli.
Zia Ernestina. Credi... credi...
Con un gesto comico, pensando ai suoi capelli ritinti:
Livia. Intanto sappiamo come l’ha portata!
Zia Ernestina. Dio mio, l’aveva conosciuta...
Livia (a precipizio). Da prima ch’io nascessi; l’aveva dimenticata; poi s’ammalò; fu chiamato; corse a salvarla...
S’interrompe a un tratto.
Zia Ernestina. Hai chiesto forse informazioni?
Livia. Tu non t’impicciare!
Zia Ernestina. C’è di mezzo il signor parroco?
Livia. Si vedranno, allora, i riguardi che ha avuto per me mio padre. — Già sta sempre come in agguato, con la paura che lo fa guardare continuamente davanti e dietro. — E io lo so, lo so di che teme!
Zia Ernestina. Tu non sai niente! Sta in apprensione per te!
Livia. Ch’io venga a sapere, sí! — In due mesi ch’è fuori, è tornato otto volte...
Zia Ernestina. Per rivederti, e stare un giorno con te!
Livia. No, no! Per altro! E non fa piú nulla! — È una pietà, un avvilimento... per non dire un’altra cosa: a cinquant’anni, vederlo cosí, perduto dietro una donna come quella. — Perché non la sposò prima, se è vero che la conosceva da tanto tempo?
Zia Ernestina. Perché forse prima non poteva. Oh bella!
Livia. Non era mica maritata, lei. Lui era vedovo... Perché non poteva?
Zia Ernestina. E che ne sai tu che — potendolo — non lo faceva, per esempio, per te?