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come prima, meglio di prima 835


Zia Ernestina (a precipizio, con aria da spiritata). Ah, no no no no no! Me ne vado, me ne vado! — Non ci resisto!

Fulvia (sorridendo). Eh, vedo anch’io, zia Ernestina...

Zia Ernestina. Ma che! Non ci resisto! Ora stesso me ne vado!

Si ode a questo punto la voce di Betta dalla comune.

VOCE DI Betta (che annunzia). Eccoli di ritorno!

Zia Ernestina. Vado su! vado su! Vado a prepararmi! Via! via! via!

Esce di furia per il secondo uscio a destra. Quasi contemporaneamente entra dalla comune Silvio Gelli.

Silvio (con ansia, alludendo alla partenza di zia Ernestina). Ebbene?

Fulvia (guarda verso la comune, poi domanda): Livia?

Silvio. È entrata di là. Sarà su. Che hai fatto?

Fulvia. Se ne va; se ne va via da sé...

Silvio. Oggi stesso?

Fulvia. Oggi... non so, domani... Ha riconosciuto lei stessa l’impossibilità di rimanere.

Silvio. Ah, bene! Ma non vorrei che oggi, a tavola...

Fulvia. C’è, per fortuna, il maestro con la signora.

Silvio. Sono di là?

Indica il primo uscio a destra.

Fulvia. Sí, vai vai. Fa’ presto. A momenti saremo a tavola.

Silvio, via per il primo uscio a destra. Poco dopo, dal secondo, entra Livia che si dirige risolutamente, confosco cipiglio, verso Fulvia.

Livia. Hai detto tu a zia Ernestina d’andarsene?

Fulvia (addolorata di vedersela davanti cosí, le risponde con grande dolcezza). No, cara. Non io...

Livia. E chi dunque la fa partire appena arrivata?

Fulvia. Non so, nessuno... Lei stessa.

Livia. Lei stessa non può essere!

Fulvia. Eppure torno a dirti che è lei...

Livia. Ma se — arrivando questa mattina — mi disse ch’era venuta per rimanere qua a lungo con me!