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Signora Barberina. Ah, ma dunque sarà meglio che noi...

Fulvia. No, ecco volevo dir questo. Non credo che Livia potrà aver dispiacere che rimangano a tavola, come al solito, il suo professore e la signora. Tanto piú che doveva pensar lei ad avvertirli di non venire. Ma capiranno: c’è qua la zia... Dica, dica lei, signorina!

Zia Ernestina (c. s.). Che?... che debbo dire?

Fulvia. Nessuno meglio di lei è in grado d’interpretar l’animo della figliuola...

Zia Ernestina (impappinandosi e riprendendosi a stento). Già... ma... capirai... capirà... sono... sono ospite anch’io qua... di... di lei...

Fulvia. Ah, bene! E allora io, per conto mio, non permetterò che il professore e la signora se ne ritornino indietro, di mezzogiorno, con questo sole...

Signor Cesarino. Già il tocco! già il tocco!

Fulvia. Ah sí? E allora a momenti saranno qua...

Signor Cesarino. Di volo... con l’automobile... che bellezza! — Le assicuro, signora mia, che noi due, a ritornare a piedi adesso, si morirebbe...

Fulvia (alzandosi). No no. — Vadano, vadano a mettersi in comodità. —

Si alzano tutti.

Possono andar di là al solito.

Indica il primo uscio a destra.

Signora Barberina. Grazie... mi leverò allora, con permesso, il cappello...

Signor Cesarino. E io vorrei, con licenza della signora... Ecco, oggi dovevo anche accomodare il pianoforte...

Signora Barberina. Ma no, Cesarino! Non hai inteso che oggi non si suona?

Signor Cesarino. Accordare non è sonare!

Fulvia. La farà poi, se mai, signor Cesarino: dopo tavola...

Signor Cesarino. Ah, bene bene... E allora, ci permettano... Andiamo a rinfrescarci un po’!

Signora Barberina. Con permesso...

S’inchina.

Escono per il primo uscio a destra, marito e moglie.