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come prima, meglio di prima 817


Fulvia (con impeto, subito frenato). Non dire per me! non dire per me! Non l’hai fatto per me, scusa! Per te l’hai fatto, per quietarti in qualche modo la coscienza che ti rimordeva. E non l’hai quietata! Non si quieta mica con le imposture la coscienza.

Silvio. T’ho pregata di non usare piú codesta parola!

Fulvia. Scusa, mi hai fatto morire, e poi mi hai santificata! e ti sei santificato, e hai santificato tutto qua!

Staccando e cambiando tono ancora una volta:

Posso ammettere che la mia morte poteva essere, li per lí, una «necessaria» menzogna. Ma se lei era cosí piccina! Le si era schiusa, la vita, con te solo accanto! Ti avrà domandato... cosí, della madre, da grandicella, è vero? Dovendo fingere, scusa, non potevi, anche senza dirglielo, farle intendere che non eri stato lieto nel tuo matrimonio?

Silvio. Già, sí! A giudicarne adesso!

Fulvia. T’avrebbe amato di piú; non avrebbe rimpianto nulla!

Silvio. Ma dovevo immaginare che potesse succeder questo! Scusa, è strano! Ne parli, come se tu ne fossi gelosa...

Fulvia. Ah, sí, nel cuore di mia figlia!

Silvio. Ma pensa che sei in fondo tu stessa!

Fulvia. Non è vero! non è vero! Io stessa? L’ho toccato! L’ho sentito! Sono morta! morta veramente! Le sto davanti, e sono morta! Non sono io, questa qua, viva; è un’altra, sua madre... di là, morta! Vorrei prenderla per le braccia

allude a Livia,

scuoterla, guardarla fissa negli occhi e dirle: No! no! Credi a me, cara: perché è morta... Non possono piú far male, i morti, e perciò, dopo molto tempo, si pensa di essi solo il bene. Anche la morte, cara, può essere una menzogna!

Staccando, vibrante, con un’espressione quasi da folle:

Sai quante volte mi viene questa tentazione?

Silvio. Per carità, Fulvia!

Fulvia. Non temere, ché ci penso, io piú di te!

Pausa.

Sfido! con te tutto dedito per tanti anni alla venerazione