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814 | maschere nude |
Silvio. Lasciami dire!
Fulvia. Ho fatto trasportare io stessa in camera sua vedendo che ne soffriva — gli antichi mobili della nostra camera da letto, e glien’ho consegnate le chiavi!
Silvio. È vero, sí...
Fulvia (seguitando, con foga sempre piú appassionata). E n’avevo tanto bisogno, tanto! di rivedermeli attorno, quei mobili!
Silvio. Ma devi pensare...
Fulvia (pronta, forte). Penso a tutto! Ma questo no, Dio mio! Lo feci io, con le mie mani, quel corredino per lei! prima che nascesse!
Silvio. Sí, sí!
Fulvia. Ricordi che non volevi? Me lo strappavi dalle mani! Ritrovarlo insieme con gli abiti miei di allora, fu per me... ah Dio, non lo so dire! Vi affondai la faccia; vi respirai la mia purezza di allora; la risentii viva in me, qua, nella gola — come un sapore — vi piansi dentro, e me ne lavai tutta l’anima...
Staccando:
Silvio. Ma capisci...
Fulvia (pronta c. s.). Perché capisco! perché capisco! Ma c’era qua il commesso. Volevo mostrargli la tela d’una di quelle camicine. Che cos’è, male? Non posso?
Silvio. Ma non è questo!
Fulvia. E che cos’è? Perché le ha indossate lei, non vuole che le faccia uguali, ora, per quest’altra?
Torbida, minacciosa:
Silvio. Ma ti rispetta...
Fulvia. Non dico madre di lei! dico di quella che verrà! Badi! badi! Me la difendo, perché non mi resta piú altro qua per sentirmi ancora viva.
Silvio. Non eccitarti cosí, per carità!
Fulvia. Non mi eccito, no. Quello che hai saputo fare per uccidermi!