![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
come prima, meglio di prima | 813 |
Silvio Gelli, che è stato di là a parlare con Livia, entrando a questo punto per il primo uscio a destra, ode le ultime parole di Fulvia, e subito, costernatissimo, temendo ch’ella stia quasi per svelare il segreto, la richiama.
Silvio. Fulvia!
Ma subito resta interdetto, tradito dal primo impeto che gli ha fatto venire sulle labbra il vero nome di lei.
Fulvia (subito voltandosi, rimediando con gioja maligna). Chi chiami? Fulvia? Oh Dio benedetto! Capisco che oggi è l’anniversario; ma che tu debba pensarci fino al punto di chiamarmi col «suo» nome, via, mi sembra un po’ troppo!
Silvio. Scusami... sí, hai ragione...
Fulvia. Di niente, caro! È naturale. Nomi soprammessi, sfuggono. Mi chiamano Flora, sapete, Betta? Brutto nome, veramente: di cagna. Mi ha chiamata Francesca, col mio secondo nome.
Al marito:
Lo guarda, lo vede costernato, come sospeso.
Silvio (un po’ irritato, facendole intendere che la sua costernazione non è per questo). Sí, va bene... Ma...
Fulvia (comprendendo). Niente, parlavamo delle tre messe d’oggi...
A Betta:
Silvio (subito). Ecco, venivo per questo.
Fulvia (turbandosi, eccitandosi). Non mi vuol dare la chiave della cassapanca?
Silvio (a Betta). Andate, andate, Betta. Credo che Livia abbia bisogno di voi.
Fulvia. Forse sta a piangere perché gliel’ho chiesta?
Silvio (a Betta che non sa allontanarsi). Andate, vi dico!
Betta via per il secondo uscio a destra.
Fulvia (attaccando subito, con sdegno). Senti, ah, questo no!