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68 | prefazione |
ticamente, cioè romanticamente. E che la mia rappresentazione sia tutt’altro che confusa, ma anzi assai chiara, semplice e ordinata, lo dimostra l’evidenza con cui, agli occhi di tutti i pubblici del mondo, risultano l’intreccio, i caratteri, i piani fantastici e realistici, drammatici e comici del lavoro, e come, per chi ha occhi piú penetranti, vengono fuori i valori insoliti in esso racchiusi.
Grande è la confusione delle lingue fra gli uomini, se critiche cosí fatte pur trovan le parole per esprimersi. Tanto grande questa confusione quanto perfetta l’intima legge d’ordine che, in tutto obbedita, fa classica e tipica la mia opera e vieta ogni parola alla sua catastrofe. Quando, difatti, davanti a tutti ormai compresi che per artificio non si crea vita e che il dramma dei sei personaggi, mancando l’autore che lo invalori nello spirito, non si potrà rappresentare, per l’istigazione del Capocomico volgarmente ansioso di conoscere come si svolse il fatto, questo fatto è ricordato dal Figlio nella successione materiale dei suoi momenti, privo di qualunque senso e perciò senza neanche bisogno della voce umana, s’abbatte bruto, inutile, con la detonazione d’un’arma meccanica sulla scena, e infrange e disperde lo sterile tentativo dei personaggi e degli attori, apparentemente non assistito dal poeta.
Il poeta, a loro insaputa, quasi guardando da lontano per tutto il tempo di quel loro tentativo, ha atteso, intanto, a creare con esso e di esso la sua opera.