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come prima, meglio di prima 793


La Nàccheri. Dico che siamo alla fine d’aprile, ohé! e che col maggio, voi sapete bene, cominciano a venire i forestieri per la cura delle acque.

Silvio. Conto, per me, di ripartire prestissimo, signora.

La Nàccheri. La prescriverà, m’immagino, anche lei ai suoi ammalati, signor professore! Ora, noi, qua, dobbiamo ancora rimettere in ordine la pensione, ecco!

Don Camillo. Ma non vorrei che il signor professore credesse...

Silvio. Lei sa bene che ho ragioni impellenti d’andar via al piú presto.

Roghi. Ma se non dovesse oggi, signor professore ecco, io vorrei...

Silvio (accennando alla moglie). Vi prego...

Roghi. Sí, sí, attenda, attenda con comodo, signor professore! Io posso aspettare... aspetterò, ritornerò...

Don Camillo. Ritiriamoci, ritiriamoci adesso...

Spinge fuori il Roghi, la Nàccheri, Giuditta ed esce per ultimo, inchinandosi e richiudendo l’uscio a vetri.

Fulvia (subito, nervosamente). Ecco, Silvio. Questo signore, che conosco appena...

Mauri (ferito, protestando). Ma no, Flora!

Fulvia. Vi ho detto di lasciare parlar me!

Mauri. Ma se gli dici cosí, scusa!

Fulvia. Che volete che significhi, per una come me, conoscere uno da poco o da molto?

Voltandosi verso il marito:

«Flora» hai sentito? — Mi chiama Flora!

Mauri (in tono di rimprovero). Fulvia!

Fulvia (precipitosamente). No, no, Flora, Flora sono Flora. —

Di nuovo al marito:

Mi si chiama subito per nome, e mi si dà del tu.

Silvio. A me premerebbe ora di sapere, come e perché — dopo quanto è avvenuto — si trovi qua di nuovo codesto signore.

Fulvia. Ecco, sí. — Questo signore, Silvio, crede sinceramente ch’io abbia voluto uccidermi per lui. E non è vero!