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788 | maschere nude |
avrebbe dovuto invece buttarsi in ginocchio qua, davanti a te, e farsi lui perdonare — come me! come me! qua, cosí, ecco!
Le casca davanti in ginocchio e grida:
Fulvia (si leva da sedere senza scatto e dice piano, frigidamente, con disperata stanchezza): Dio mio, ancora codesto teatro... Che nausea!
Mauri (come se si vedesse con gli occhi di lei; lí in ginocchio, ma tuttavia non riuscendo a rialzarsi). Ah sí! nausea, sí! Hai ragione. Mi vedo; me n’accorgo io stesso!
Si copre la faccia con le mani, e dice piangendo:
Si alza infine risolutamente, come se d’improvviso, aforza, si riprendesse.
Fulvia. Sí, va bene. Venti. Sono finiti. E dunque, basta.
Mauri. No! Come basta? No! — Adesso, Flora? Adesso che è finito invece l’inganno?
Fulvia. Ma che inganno? di che inganno mi parlate?
Mauri. Del mio! di quello che ti feci! — È finito! finito! — Mi sono liberato! sono libero ora!
Fulvia (fissandolo fosca, come se cominci a prestargli attenzione solo ora, per qualche idea che già le si matura dentro). Di che siete libero?
Mauri. Di disporre di me! Ho lasciato tutto! Il posto. Mi son dimesso. E mia moglie, sai? lei stessa, mi ha aperto la porta: — «Vattene!» — Felicissima.
La Nàccheri. Oh guarda!
Mauri (voltandosi a lei, pronto). Non mi ha mai amato! Non ha mai saputo che farsi di me! Vive per conto suo; ricca, con