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come prima, meglio di prima 783


Giuditta a questo punto, si recherà di nuovo infondo a guardare, se si scorgano le vetture di ritorno.

La Nàccheri. E come gli tenne testa! Bisognava vedere!

Roghi. Sí, eh?

Don Camillo. Col pretesto, capite? che in punto di morte non c’è piú gelosie, e che il marito non poteva, dice, adontarsi di lui, dopo tredici anni e dopo ciò ch’era passato. Si dovette mandarlo via con le guardie.

Giuditta (dal pianerottolo della saletta in fondo, annunziando). Ecco, ecco, ritornano le vetture!

La Nàccheri accorre come una papera.

Don Camillo. Oh finalmente!

Giuditta (con un grido di spavento). Oh Dio! Ma è lui! Lui, di nuovo qua!

Roghi. Chi lui?

Don Camillo. Il matto? Di nuovo qua?

La Nàccheri. Lui! sí! lui! lui! Rièccoci daccapo!

Don Camillo. Ma come! Che altro, ora, vorrà qua?

Giuditta (ritirandosi impaurita). Vien su di corsa! ha scavalcato il murello dell’orto!

Roghi. È una bella sfrontatezza!

Don Camillo. E di nuovo in assenza del signor professore! Se lo ritroverà qui tra i piedi!

La Nàccheri. E come giulivo! Fa i gesti, oh, cosí... cosí...

Agita in aria le braccia.

Don Camillo. Dateci man forte per carità, caro Roghi! Non bisogna farlo entrar qua dalla signora! — Andiamo, andiamo via tutti di là!

Indica la saletta d’ingresso e s’avvia spingendo fuori gli altri.

Chiudiamo quest’uscio! Chiudiamo quest’uscio!

Richiude l’uscio a vetri, andando via col Roghi, con la Nàccheri e Giuditta.

Quasi contemporaneamente s’apre l’uscio a destra e appare Fulvia Gelli, incerta, sgomenta, pallidissima, come una che sia stata or ora strappata dalle mani della morte. Ha tuttavia negli occhi un che di fosco; e il volto è come indurito, sassificato