![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
come prima, meglio di prima | 779 |
Don Camillo. Lassú a Merate ha poi la figliuola... avrà i suoi affari. Era venuto qua per un giorno solo...
La Nàccheri. E ne son passati la grazia di quarantacinque!
Giuditta. Par che la figliuola lassú non sappia ancor nulla.
Roghi. Ah sí? Della madre qui?
Don Camillo (ammiccando e accennando con la mano all’uscio a destra). Piano, eh! piano... S’è già levata di letto.
Misteriosamente al Roghi:
Roghi. Con quel giudice, eh?
Don Camillo (irritato). Ma che giudice! Ma che giudice! Non diciamo giudice, per carità!
Giuditta (molle molle, afflitta). Un matto, s’ha a dire!
Don Camillo (incalzando). Da legare, s’ha a dire!
Giuditta (lamentosamente). Quel che ci fece vedere!
Don Camillo (collerico, incalzando ancora). Il diavolo! Tutti i diavoli dell’inferno! Non mi ci fate pensare!
La Nàccheri (che è stata a mirarli, zio e nipote). Attento veh, attento, signor Roghi, come parlano adesso tutt’e due.
Don Camillo (stordito). O come parliamo?
La Nàccheri. Una, molle molle:
rifacendole il verso con voce nasina:
rifacendo il verso anche a lui:
Roghi (non potendo tenersi di ridere). Avete voglia di scherzare, signora Marianna!
Don Camillo. Già! Come se proprio ne fosse il momento... O che non è vero che qua s’è visto il diavolo?
La Nàccheri. Ma no, eh, ché non istà bene, il diavolo in casa d’un sacerdote come voi. Il terremoto, si dice! E creda, signor Roghi, che mi sarei tanto spassata, io, a vederli ballare tutt’e due, zio e nipote, se per causa loro non fosse toccato di ballare anche a me!
Don Camillo. Se si potesse saper prima le cose!