![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
prefazione | 65 |
Madre senza curarsi di penetrare il nucleo di valori poetici che il personaggio, nella commedia, sta a significare. Umanissima figura, sí, perché priva di spirito, cioè incosciente d’essere quello che è o incurante di spiegarselo. Ma il fatto d’ignorare d’esser personaggio non le toglie già di esserlo. Ecco il suo dramma, nella mia commedia. E la espressione piú viva di esso balza, in quel suo grido al Capocomico che le fa considerare come tutto sia già avvenuto e perciò non possa piú esser motivo di nuovo pianto: «No, avviene ora, avviene sempre. Il mio strazio non è finto, signore! Io sono viva e presente, sempre, in ogni momento del mio strazio, che si rinnova vivo e presente sempre». Questo ella sente, senza coscienza, e perciò come cosa inesplicabile: ma lo sente con tanta terribilità che non pensa nemmeno possa essere cosa da spiegare a se stessa o agli altri. Lo sente e basta. Lo sente come dolore, e questo dolore, immediato, grida. Cosí in lei si riflette la fissità della sua vita in una forma, che, in altro modo, tormenta il Padre e la Figliastra. Questi, spirito; ella, natura: lo spirito vi si ribella o, come può, cerca di profittarne; la natura, se non sia aizzata dagli stimoli del senso, ne piange.
Il conflitto immanente tra il movimento vitale e la forma è condizione inesorabile non solo dell’ordine spirituale, ma anche di quello naturale. La vita che s’è fissata, per essere, nella nostra forma corporale, a poco a poco uccide la sua forma. Il pianto di questa natura fissata è l’irreparabile, continuo invecchiare del nostro corpo. Il pianto della Madre è allo stesso modo passivo e perpetuo. Mostrato attraverso tre facce, invalorato in tre drammi diversi e contemporanei, quell’immanente conflitto trova cosí nella commedia la sua piú compiuta espressione. E di piú, la Madre dichiara anche il particolare valore della forma artistica: forma che non comprende e non uccide la sua vita, e che la vita non consuma; in quel suo grido al Capocomico. Se il Padre e la Figliastra riattaccassero centomila volte di seguito la loro scena, sempre, al punto fissato, all’attimo in cui la vita dell’opera d’arte dev’essere espressa con quel suo grido, sempre esso risonerebbe: inalterato e inalterabile nella sua forma, ma non come una ripetizione meccanica, non come un ritorno obbligato da necessità esteriori, ma bensí, ogni volta, vivo e come nuovo, nato improvviso cosí per sempre: imbalsamato vivo nella sua forma immarcescibile. Cosí, sempre, ad apertura di libro, troveremo Francesca viva confessare a Dante il suo dolce peccato; e se centomila volte di seguito torneremo a rileggere quel passo, centomila volte di seguito Francesca