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Paolino. Le difendo, sissignore!

Perella. Ah! ah! ah! ah! — Le difende... — Sa perché le difende lei? Perché non ne ha! E si serve — ci scommetto — di quelle degli altri... Ecco perché le difende!

Paolino. Io? Io? Lei dice questo a me? osa dire questo a me? Lei?

Perella (richiamandolo costernato). Professore!

E lo richiamerà cosí altre volte durante la battuta seguente, sempre piú costernato.

Paolino. Lei m’insulta! Sono un uomo onesto, io! Sono un uomo di coscienza, io! Sono un uomo, per sua regola, che si può anche trovare, sí senza volerlo, in una situazione disperata. Sí!, ma non è vero, non è vero che vorrei servirmi delle mogli degli altri! Perché se fosse cosí, non le avrei detto, come le ho detto or ora, che un marito non dovrebbe mai trascurare la moglie! E le aggiungo ora, che un marito che trascura la moglie, per me, commette un delitto! e non uno solo! piú delitti! Sí, perché non solamente costringe la moglie — che può anche essere una santa donna a venir meno ai suoi doveri verso se stessa, verso la sua onestà, ma anche perché può costringere un uomo, un altro uomo, ad essere infelice per tutta la vita! Sí! sí! legato a soffrire di tutto il martirio di quella povera donna! E chi sa! chi sa! Ridotto all’estremo limite della sua sofferenza, anche la libertà, la libertà può perdere, quest’uomo! glielo dico io! glielo dico io, signor capitano!

Il signor Paolino dirà tutto questo con foga man mano crescente, facendosi quasi sopra al Capitano, che lo ascolta sbalordito. Pare, a un certo punto, che il signor Paolino debba da un momento all’altro, trarre un’arma dalla tasca e uccidere il Capitano. Si schiude allora l’uscio a destra e compare la signora Perella, atterrita, disfatta, con tutta la truccatura andata a male sulla faccia squallida. Non ha forza né di muoversi né di parlare.