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l’uomo, la bestia e la virtú | 759 |
veranda; s’affaccia alla finestra infondo; guarda il mare e trae un ampio respiro; poi finge di guardare in giú nella strada e di scorgervi il signor Paolino; fa un atto di sorpresa e si china a parlare.
Perella. Oh — buon giorno, professore! E come, fuori a quest’ora? da queste parti?
Tendendo l’orecchio:
Rimane ancora un po’ sulla veranda; poi viene incontro al signor Paolino, che entra per la comune con una faccia da morto ansiosa, gli occhi lividi, lampeggianti di follía, come se, non avendo trovato il segno sulla veranda, avesse deciso di commettere un delitto.
Perella. Ih, che sveltezza! È salito di corsa?
Paolino. Sí. Mi dica. Ha visto che tornavo dallo Scalo?
Perella. L’ho vista col naso in su, che guardava qua, da me.
Paolino. Sí. Ma ero di ritorno. Sono arrivato fino allo Scalo. Nel passare davanti la sua casa, la prima volta, andando, c’era giú un crocchio di gente che gridava. — Dica un po’: che sia caduto, per caso, dalla finestra là, della veranda, qualche vaso di fiori?
Perella (stordito). Vaso di fiori? Giú nella strada?
Paolino. Sí — da quella finestra!
Perella. Ma no... Ch’io sappia...
Paolino. No?
Perella. Io non so di vasi... — Ma perché?
Paolino. Perché mi parve di vedere giú, sotto la finestra, tra quel crocchio di gente che gridava, un mucchio... non so... di cocci per terra; e ho immaginato che gridasse per questo.
Perella. Io non ho inteso nulla.
Paolino. Non c’era proprio nessun vaso là, quando lei si è affacciato?
Perella. Nessuno... Eccoli là, i vasi
indica il portafiori