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l’uomo, la bestia e la virtú | 751 |
Grazia. Accendo?
Signora Perella. No, lascia... lascia...
Grazia (ritirandosi). Ogni volta, cosí!
Esce per la comune.
SCENA OTTAVA
Detti meno Grazia.
Si avviva a poco a poco sempre piú dalla finestra aperta della veranda un raggio di luna, che investe principalmente i cinque vasi del portafiori tra i due usci laterali di sinistra.
Signora Perella. Hai sentito? Dice che piuttosto si butterebbe dalla finestra!
Paolino. Eh! Aspetta! Bisogna aspettare!
Signora Perella. Tu ci speri? Io non ci spero, no, Paolino...
Paolino. Mi hanno detto tutt’e due i fratelli di non dubitare... di star sicuro!
Signora Perella. Sí. Ma io dico per lui! Non lo conoscono! Non lo conosci neanche tu, Paolino! Piuttosto davvero si butterebbe dalla finestra...
Paolino. Oh, senti... Se tu vai incontro alla prova con quest’animo...
Signora Perella. Io? Io sono qua, Paolino. Aspetto... aspetterò tutta la notte.
Paolino. Ma devi aspettar con fiducia!
Signora Perella. Ah, no, credi, invano.
Paolino. Ma bisogna che tu la abbia, almeno, un po’ di fiducia! Può giovare, credi, se ne hai, ad attirarlo! Sí! sí! Io credo nella forza dello spirito! E tu devi averne! devi averne! Pensa che, se no, c’è l’abisso aperto per noi! Io non so che faccio, non so che faccio domani! Per carità, anima mia!
Signora Perella. Ma sí... ecco... vedi? io mi metto qua... cosí...
Siede su un seggiolone a braccioli, antico, rivolta verso l’uscio della camera del marito, in modo che se questi aprisse, se la troverebbe davanti, in atteggiamento di «Ecce Ancilla Domini» circonfusa nel raggio di luna.