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l’uomo, la bestia e la virtú | 747 |
Signora Perella. Eccola, eccola, Francesco.
Perella (a Grazia). Io voglio esser servito a tamburo! T’ho detto mille volte che a tavola non voglio aspettare! Da’ qua!
Le strappa il bislungo dalle mani con tale viclenza, che il contenuto sta per rovesciarglisi addosso; balza in piedi, buttando il bislungo sulla tavola e rompendo, se capita, qualche piatto e qualche bicchiere.
Grazia. Se lei me lo strappa!
Perella. E tu me lo rovesci addosso, animale? — Mangiate voi! — Non voglio piú mangiare!
Fa per avviarsi alla sua camera.
Paolino (correndogli dietro). No, guardi... per carità, signor capitano...
Signora Perella (correndogli dietro anche lei). Pensa, pensa che abbiamo un ospite a tavola, Dio mio, Francesco...
Perella (a Paolino). Mi si fa dannare, caro professore, mi si fa dannare in questa casa! Lei vede?
Paolino. Io la prego d’aver un po’ di pazienza.
Perella. Ma che pazienza! Me lo fanno apposta!
Signora Perella. Noi cerchiamo di far di tutto per lasciarti contento...
Perella (notando di nuovo il volto di lei cosí impiastricciato). Guarda che faccia... guarda che faccia...
Paolino. Venga... sia buono... venga... lo faccia per me, signor capitano... Sono di confidenza, è vero, ma... ma dopo tutto, sono un invitato...
Perella (arrendendosi). Per lei, sa! Mi arrendo per lei! Ma non garantisco che arriviamo alla fine!
Paolino. No! non lo dica! Speriamo... speriamo che non troverà piú ragione da lamentarsi!
Perella. Che vuole sperare! Non mi riesce piú da anni, a casa mia, d’arrivare alla fine del pranzo!
Rivolgendosi alla mogiie: