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62 | prefazione |
Il dramma non riesce a rappresentarsi appunto perché manca l’autore che essi cercano; e si rappresenta invece la commedia di questo loro vano tentativo, con tutto quello che essa ha di tragico per il fatto che questi sei personaggi sono stati rifiutati.
Ma si può rappresentare un personaggio, rifiutandolo? Evidentemente, per rappresentarlo, bisogna invece accoglierlo nella fantasia e quindi esprimerlo. E io difatti ho accolto e realizzato quei sei personaggi: li ho però accolti e realizzati come rifiutati: in cerca d’altro autore.
Bisogna ora intendere che cosa ho rifiutato di essi; non essi stessi, evidentemente; bensí il loro dramma, che, senza dubbio, interessa loro sopra tutto, ma non interessava affatto me, per le ragioni già accennate.
E che cos’è il proprio dramma, per un personaggio?
Ognifantasma, ogni creatura d’arte, per essere, deve avere il suo dramma, cioè un dramma di cui esso sia personaggio e per cui è personaggio. Il dramma è la ragion d’essere del personaggio; è la sua funzione vitale: necessaria per esistere.
Io, di quei sei, ho accolto dunque l’essere, rifiutando la ragion d’essere; ho preso l’organismo affidando a esso, invece della funzione sua propria, un’altra funzione più complessa e in cui quella propria entrava appena come dato di fatto. Situazione terribile e disperata specialmente per i due — il Padre e la Figliastra — che più degli altri tengono a vivere e piú degli altri han coscienza di essere personaggi, cioè assolutamente bisognosi d’un dramma e perciò del proprio, che è il solo che essi possano immaginare a se stessi e che intanto vedono rifiutato; situazione «impossibile», da cui sentono di dover uscire a qualunque costo, per questione di vita o di morte. È ben vero che io, di ragion d’essere, di funzione, gliene ho data un’altra, cioè appunto quella situazione «impossibile», il dramma dell’essere in cerca d’autore, rifiutati: ma che questa sia una ragion d’essere, che sia diventata, per essi che già avevano una vita propria, la vera funzione necessaria e sufficiente per esistere, neanche possono sospettare. Se qualcuno glielo dicesse, non lo crederebbero; perché non è possibile credere che l’unica ragione della nostra vita sia tutta in un tormento che ci appare ingiusto e inesplicabile.
Non so immaginare, perciò, con che fondamento mi fu mosso l’appunto che il personaggio del Padre non era quello che avrebbe dovuto essere, perché usciva dalla sua qualità e posizione di personaggio invadendo, a volte, e facendo sua l’attività dell’autore. Io che intendo