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prefazione | 61 |
loro essenzialità, che per l’uno significa castigo e per l’altra vendetta; e la difendono contro le smorfie fittizie e la incosciente volubilità degli attori e cercano d’imporla al volgare Capocomico che vorrebbe alterarla e accomodarla alle cosí dette esigenze del teatro.
Non tutti e sei i personaggi stanno in apparenza sullo stesso piano di formazione, ma non perché vi siano fra essi figure di primo o di secondo piano, cioè «protagonisti» e «macchiette» — che allora sarebbe elementare prospettiva, necessaria a ogni architettura scenica o narrativa e non perché non siano tutti, per quello che servono, compiutamente formati. Sono, tutti e sei, allo stesso punto di realizzazione artistica, e tutti e sei, sullo stesso piano di realtà, che è il fantastico della commedia. Se non che il Padre, la Figliastra e anche il Figlio sono realizzati come spirito; come natura è la Madre; come «presenze» il Giovinetto che guarda e compie un gesto e la Bambina del tutto inerte. Questo fatto crea fra essi una prospettiva di nuovo genere. Inconsciamente avevo avuto l’impressione che mi bisognasse farli apparire alcuni piú realizzati (artisticamente), altri meno, altri appena appena raffigurati come elementi d’un fatto da narrare o da rappresentare: i piú vivi, i piú compiutamente creati, il Padre e la Figliastra, che vengono naturalmente più avanti e guidano e si trascinano appresso il peso quasi morto degli altri: uno, il Figlio, riluttante; l’altro, la Madre, come una vittima rassegnata, tra quelle due creaturine che quasi non hanno alcuna consistenza se non appena nella loro apparenza e che han bisogno di essere condotte per mano.
E infatti! Infatti dovevano proprio apparire ciascuno in quello stadio di creazione raggiunto nella fantasia dell’autore al momento che questi li volle scacciare da sé.
Se ora ci rifletto, l’avere intuito questa necessità, l’aver trovato, inconsciamente, il modo di risolverla con una nuova prospettiva, e il modo con cui l’ho ottenuta, mi sembrano miracoli. Il fatto è che la commedia fu veramente concepita in un’illuminazione spontanea della fantasia, quando, per prodigio, tutti gli elementi dello spirito si rispondono e lavorano in un divino accordo. Nessun cervello umano, lavorandoci a freddo, per quanto ci si fosse travagliato, sarebbe mai riuscito a penetrare e a poter soddisfare tutte le necessità della sua forma. Perciò le ragioni che io dirò per chiarirne i valori non siano intese come intenzioni da me preconcette quando mi accinsi alla sua creazione e di cui ora mi assuma la difesa, ma solo come scoperte che io stesso, poi, a mente riposata, ho potuto fare.
Io ho voluto rappresentare sei personaggi che cercano un autore.