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l’uomo, la bestia e la virtú 733

La signora Perella esce per l’uscio a destra, lasciandolo aperto. Paolino si reca alla tavola apparecchiata in mezzo; la esamina, aggiusta qua e là, posate, bicchieri.

Paolino (eseguendo). Cosí... cosí... cosí... E quella marmotta di Totò, intanto, che ancora non viene! Mi disse fra cinque minuti... eccoli qua, i cinque minuti del signor farmacista! Un’ora! è passata un’ora!

Signora Perella (dall’interno, strillando). Ahi!

Paolino (accorrendo davanti all’uscio). Che hai fatto?

Signora Perella. Mi sono punta un dito, con lo spillo!

Paolino. Ti esce sangue?

Signora Perella. No. Non ne ho piú nemmeno una goccia nelle vene!

Paolino. Eh, lo so! E dovresti averne tanto, anima mia, per dare un po’ di colore alle tue guance bianche!

Signora Perella. M’ajuterà la vergogna, Paolino!

Paolino. Non ci contare! Hai tanta paura, che la tua vergogna non avrà nemmeno il coraggio d’arrossire! Ma ho qua l’occorrente: non temere! L’ho portato con me.

Trae di tasca una scatoletta di belletto e altri oggetti per la truccatura e li depone sul tavolinetto.

Ho qua tutto. Dico di quell’imbecille di Totò che non mi porta ancora le paste! Sono sulle spine. A fidarsi! Se non fa a tempo! Ma mi disse: Vai, fra cinque minuti sarò da te...

Signora Perella (dall’interno, piangendo). Dio... Dio... Dio...

Paolino. Che cos’è? Un’altra puntura? Piangi?

Guarda nell’interno della soglia e arretra.

Ah! È spaventoso! Apre di nuovo la bocca!

Signora Perella (c. s., in un gemito). Che avvilimento... che avvilimento...