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60 prefazione

ecco, lasciamoli andare dove son soliti d’andare i personaggi drammatici per aver vita: su un palcoscenico. E stiamo a vedere che cosa ne avverrà.

Cosí ho fatto. Ed è avvenuto naturalmente quel che doveva avvenire: un misto di tragico e di comico, di fantastico e di realistico, in una situazione umoristica affatto nuova e quanto mai complessa; un dramma che da sé per mezzo dei suoi personaggi, spiranti parlanti semoventi, che lo portano e lo soffrono in loro stessi, vuole a ogni costo trovare il modo d’essere rappresentato; e la commedia del vano tentativo di questa realizzazione scenica improvvisa. Dapprima, la sorpresa di quei poveri attori d’una Compagnia drammatica che stan provando, di giorno, una commedia su un palcoscenico sgombro di quinte e di scene; sorpresa e incredulità, nel vedersi apparir davanti quei sei personaggi che si annunziano per tali in cerca d’autore; poi, subito dopo, per quell’improvviso mancare della Madre velata di nero, il loro istintivo interessamento al dramma che intravedono in lei e negli altri componenti quella strana famiglia, dramma oscuro, ambiguo, che viene ad abbattersi cosí impensatamente su quel palcoscenico vuoto e impreparato a riceverlo; e man mano il crescere di questo interessamento al prorompere delle passioni contrastanti ora nel Padre, ora nella Figliastra, ora nel Figlio, ora in quella povera Madre; passioni che cercano, com’ho detto, di sopraffarsi a vicenda, con una tragica furia dilaniatrice.

Ed ecco che quel senso universale cercato invano dapprima in quei sei personaggi, ora essi, andati da sé sul palcoscenico, riescono a trovarlo in sé nella concitazione della lotta disperata che ciascuno fa contro l’altro e tutti contro il Capocomico e gli attori che non li comprendono.

Senza volerlo, senza saperlo, nella ressa dell’animo esagitato, ciascun d’essi, per difendersi dalle accuse dell’altro, esprime come sua viva passione e suo tormento quelli che per tanti anni sono stati i travagli del mio spirito: l’inganno della comprensione reciproca fondato irrimediabilmente sulla vuota astrazione delle parole; la molteplice personalità d’ognuno secondo tutte le possibilità d’essere che si trovano in ciascuno di noi; e infine il tragico conflitto immanente tra la vita che di continuo si muove e cambia e la forma che la fissa, immutabile.

Due soprattutto fra quei sei personaggi, il Padre e la Figliastra, parlano di questa atroce inderogabile fissità della loro forma, nella quale l’uno e l’altra vedono espresse per sempre, immutabilmente la