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È da tanti anni a servizio della mia arte (ma come fosse da jeri) una servetta sveltissima e non per tanto nuova sempre del mestiere.

Si chiama Fantasia.

Un po’ dispettosa e beffarda, se ha il gusto di vestir di nero, nessuno vorrà negare che non sia spesso alla bizzarra, e nessuno credere che faccia sempre e tutto sul serio e a un modo solo. Si ficca una mano in tasca; ne cava un berretto a sonagli; se lo caccia in capo, rosso come una cresta, e scappa via. Oggi qua; domani là. E si diverte a portarmi in casa, perché io ne tragga novelle e romanzi e commedie, la gente piú scontenta del mondo, uomini, donne, ragazzi, avvolti in casi strani da cui non trovan piú modo a uscire; contrariati nei loro disegni; frodati nelle loro speranze; e coi quali insomma è spesso veramente una gran pena trattare.

Orbene, questa mia servetta Fantasia ebbe, parecchi anni or sono, la cattiva ispirazione o il malaugurato capriccio di condurmi in casa tutta una famiglia, non saprei dir dove né come ripescata, ma da cui, a suo credere, avrei potuto cavare il soggetto per un magnifico romanzo.

Mi trovai davanti un uomo sulla cinquantina, in giacca nera e calzoni chiari, dall’aria aggrottata e dagli occhi scontrosi per mortificazione; una povera donna in gramaglie vedovili, che aveva per mano una bimbetta di quattr’anni da un lato e con un ragazzo di poco piú di dieci dall’altro; una giovinetta ardita e procace, vestita anch’essa di nero ma con uno sfarzo equivoco e sfrontato, tutta un fremito di gajo sdegno mordente contro quel vecchio mortificato e contro un giovane sui vent’anni che si teneva discosto e chiuso in sé, come se avesse in dispetto tutti quanti. Insomma quei sei personaggi come ora si vedono apparire sul palcoscenico, al principio della commedia.

E or l’uno or l’altro, ma anche spesso l’uno sopraffacendo l’altro, prendevano a narrarmi i loro tristi casi, a gridarmi ciascuno le proprie ragioni, ad avventarmi in faccia le loro scomposte passioni, press’a poco come ora fanno nella commedia al malcapitato Capocomico.

Quale autore potrà mai dire come e perché un personaggio gli sia nato nella fantasia? Il mistero della creazione artistica è il mistero stesso della nascita naturale. Può una donna, amando, desiderare di diventar madre; ma il desiderio da solo, per intenso che sia, non può