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Paroni (tentando d’insorgere). Ah, ma c’è una bella differenza, perdio! Una bella differenza. Perché io non sono Mazzarini!

Luca. Differenza? Che differenza vuoi che ci sia tra te e Mazzarini per uno come me o come Pulino, a cui non importa piú nulla della vostra vita e di tutte le vostre pagliacciate? Ammazzare te o un altro, il primo che passa per via, è tutt’uno per noi!

Paroni. Ah no, scusa! Che tutt’uno! Diventerebbe allora il piú inutile e stupido dei delitti!

Luca. Ma dunque tu vorresti che ci rendessimo strumento, noi, all’ultimo, quando tutto per noi è già finito, del tuo odio o di quello di un altro, delle vostre gare da buffoni; o se no, ci chiami imbecilli? Ebbene: io non voglio essere chiamato imbecille come Pulino, e ammazzo te!

Risolleva di nuovo l’arma e prende la mira.

Paroni (scongiurando, storcendosi, per scansar la bocca della rivoltella). Per carità! No, Luca... Che fai?... No! — Ma perché? Ti sono stato sempre amico... Per carità!

Luca (mentre gli guizza negli occhi la folle tentazione di premere il grilletto dell’arma). Férmati! Férmati! — Inginocchiati! Inginòcchiati!

Paroni (cascando in ginocchio). Ecco... Per carità! Non lo fare!

Luca (sghignando). Eh... quando uno non sa piú che farsi della propria vita... Buffone! — Stai tranquillo, che non t’ammazzo. Alzati; ma stammi discosto.

Paroni (alzandosi). È un brutto scherzo, sai? Te lo permetti, perché sei armato.

Luca. Certo. E tu hai paura perché sai bene che non mi costerebbe nulla il farlo. Da bravo repubblicano, sei libero pensatore, eh? — Ateo! Certamente. Se no, non avresti potuto dire imbecille a Pulino.

Paroni. Ma io l’ho detto... cosí, perché... perché sai quanto mi cuoce l’onta del mio paese... Luca. Bravo, sí. Ma libero pensatore sei, non puoi negarlo: ne fai professione sul tuo giornale...

Paroni (masticando). Libero pensatore... suppongo che neanche tu t’aspetti castighi o compensi in un mondo di là...

Luca. Ah, no! Sarebbe per me la cosa piú atroce credere che