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l'imbecille 681


Quarto redattore (a Luca Fazio). Tu non vieni?

Luca (cupo). No. Debbo dire una cosa a Paroni.

Paroni (in apprensione). A me?

Luca (c. s.). Due minuti.

Tutti lo guardano costernati, per la relazione che subito intravedono, dopo i discorsi che si sono fatti, tra il suo stato disperato e quello di Pulino «che si è ucciso da imbecille».

Paroni. E non potresti ora davanti a tutti?

Luca. No. A te solo.

Paroni (agli altri). E andate, allora. Buona notte, amici miei. Si rinnovano i saluti.

Commesso viaggiatore. Verrò verso le dieci.

Paroni. Anche prima, anche prima, se vuole. A rivederla.

Via tutti, meno Paroni e Luca Fazio che tira giú le gambe dal divano e resta seduto, curvo, a guardare a terra.

Paroni (accostandoglisi premuroso e accennando di posargli una mano sulla spalla). Caro Luca, dunque... amico mio...

Luca (subito, alzando un braccio). No, scòstati.

Paroni. Perché?

Luca. Mi fai tossire.

Paroni. Stai proprio male, eh? Eh, sí, si vede.

Luca (fa cenno di si col capo, poi dice): Sono proprio a cottura giusta, per te. Chiudi bene quella porta.

Col capo accenna alla comune.

Paroni (eseguendo). Ah sí, subito.

Luca. Col paletto.

Paroni (eseguendo e ridendo). Ma è inutile; non verrà piú nessuno, ormai. Puoi parlare liberamente. Resterà tutto tra me e te.

Luca. Chiudi anche quell’uscio là.

Accenna l’uscio a vetri.

Paroni (c. s.). E perché? Sai che vivo solo. Di là non c’è piú nessuno. Anzi, vado a spegnere il lume.

S’avvia.

Luca. E poi richiudi. Viene un puzzo di pipa!