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il piacere dell’onestà | 665 |
SCENA QUINTA
AGATA, BALDOVINO.
Agata. Non vengo a dirvi di non andarvene. — Vengo a dirvi che verrò con voi.
Baldovino (avrà un momento ancora di smarrimento: si sosterrà — appena; poi dirà piano): Capisco. — Non volete parlarmi del bambino. Una donna come voi non chiede sacrifizi: — li fa.
Agata. Ma non è niente affatto un sacrifizio. È quello che devo fare.
Baldovino. No, no, signora: voi non dovete farlo, né per lui, né per voi! E sta a me d’impedirvelo, a qualunque costo!
Agata. Non potete. Sono vostra moglie. Volete andarvene? È giusto. — Vi approvo, e vi seguo.
Baldovino. Dove? Ma via, che dite? — Abbiate pietà di voi e di me... e non mi fate parlare... intendetelo da voi stessa, perché io... perché io... davanti a voi non so... non so piú parlare...
Agata. Non c’è piú bisogno di parole. Mi bastò fin dal primo giorno ciò che diceste. Dovevo entrar subito a porgervi la mano.
Baldovino. Ah, se l’aveste fatto, signora! Vi giuro che sperai... sperai per un momento che lo faceste... dico, che foste entrata... non che avrei potuto toccare la vostra mano... Sarebbe tutto finito fin d’allora!
Agata. Vi sareste tirato indietro?
Baldovino. No, vergognato, signora... davanti a voi, come mi vergogno adesso.
Agata. E di che? D’aver parlato onestamente?
Baldovino. Facile, signora! Facilissima l’onestà finché si trattava di salvare un’apparenza, capite? Se voi foste entrata a dire che l’inganno per voi non era piú possibile, io non avrei potuto restare qua neanche un minuto. Come non posso piú restare adesso.
Agata. Ma dunque voi avete pensato —?
Baldovino. — no, signora. Ho aspettato. — Non vi vidi entrare... Ma parlai appunto per dimostrare a lui che pre-