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mi buttò in faccia, davanti alla vostra nobile figliuola, il presunto mio furto, io son caduto, piú cieco di lui, piú cieco di tutti, in un’altra e ben piú grave insidia che da dieci mesi, stando qua, accanto a lei, quasi senza ardire di guardarla, occultamente m’ha teso questa mia carne: s’è servita del vostro trabocchetto da bambini, signor marchese, per farmi sentir l’abisso. Io dovevo tacere, capite? ingozzare davanti a lei la vostra ingiuria, passar per ladro, sí, davanti a lei: poi prendervi a quattr’occhi e dirvi e dimostrarvi che non era vero e costringervi segretamente a seguitar fra noi due d’intesa la parte sino alla fine. Non ho aputo tacere. La mia carne ha gridato! — Voi... lei... — Io dico tu... avete ancora il coraggio di trattenermi? che per castigare a dovere questa mia vecchia carne, sono ora forse costretto a rubare davvero!

Resteranno tutti muti a guardarlo, sbigottiti. Una pausa. Entrerà dall’uscio a destra Agata, pallida e decisa. Si fermerà dopo alcuni passi. Baldovino la guarderà, vorrebbe forzarsi a resisterle composto e grave; ma gli si leggerà negli occhi quasi uno smarrimento di terrore.

SCENA QUARTA

Agata, Detti.

Agata (alla madre, a Fabio, a Maurizio). Lasciatemi parlare con lui, da sola.

Baldovino (quasi balbettando, con gli occhi bassi). No... no, signora... guardi, io...

Agata. Ho da parlarvi.

Baldovino. È... è inutile, signora... Ho detto loro... tutto ciò che avevo da dire...

Agata. E sentirete ora ciò che ho da dirvi io.

Baldovino. No, no... per carità... È inutile, le assicuro... basta... basta...

Agata. Lo voglio.

Agli altri:

Vi prego di lasciarci soli.

La signora Maddalena, Fabio, Maurizio usciranno per l’uscio a destra.