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il piacere dell’onestà 661


SCENA TERZA

Fabio, Detti.

Fabio (smorendo e accostandosi trepidante a Baldovino). Lo prenderò? — Ma dunque... – oh Dio! — avete lasciato... avete lasciato in altre mani le chiavi della cassa?

Baldovino. No, signor marchese. Perché?

Fabio. Dio mio... Dio mio... e allora? che qualcuno sia venuto a sapere... per qualche confidenza del Fongi?

Maurizio. Manca il danaro dalla cassa?

Maddalena. Oh Dio!

Baldovino. Ma no, stia tranquillo, signor marchese; (batterà una mano sulla giacca per indicare la tasca interna) l’ho qua!

Fabio. Ah! L’avete preso voi?

Baldovino. Le ho detto che con me non si fanno le cose a mezzo!

Fabio. Ma dove volete insomma arrivare?

Baldovino. Non tema. Sapevo che a un gentiluomo come lei avrebbe fatto ribrezzo togliere anche per finta, per un momento solo, questo danaro dalla cassa; e sono andato a prenderlo io, jersera.

Fabio. Ah sí? E a quale scopo?

Baldovino. Ma per dar modo a lei, signor marchese, di fare il magnifico gesto della restituzione.

Fabio. V’ostinate ancora in codesta pazzia?

Baldovino. Vede che l’ho preso realmente. E se lei ora non fa come le dico io, questa che dev’essere ancora una finzione, diventerà sul serio ciò che voleva lei.

Fabio. Volevo... ma non capite che non voglio piú, adesso?

Baldovino. Lo voglio io, adesso, signor marchese.

Fabio. Che volete?

Baldovino. Precisamente ciò che voleva lei. — Non ha detto jeri, di là alla signora,

allude ad Agata

ch’io avevo in tasca il danaro? — Ebbene, l’ho in tasca!

Fabio. Ah, ma non avete in tasca anche me, perdio!

Baldovino. Anche lei! — anche lei, signor marchese! Io vado adesso alla riunione del Consiglio. Debbo far l’espo-