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Fabio. Siete pazzo?

Baldovino. Vuol far le cose a mezzo, signor marchese? — Le ho pur dimostrato che, volendomi onesto, doveva per forza risultar questo: che la cattiva azione l’avrebbe commessa lei! Rubi questo danaro: passerò io per ladro — e me ne andrò, perché, veramente, qui non posso piú stare.

Fabio. Ma sono pazzie!

Baldovino. No, che pazzie! Io ragiono per lei e per tutti. — Non dico mica che lei debba mandarmi in galera. Non potrebbe. Lei ruberà il danaro solamente per me.

Fabio (fremendo e facendoglisi incontro). Ma che dite?

Baldovino. Non s’offenda: è una parola, signor marchese! Lei farà una magnifica figura. — Toglierà per un momento il danaro dalla cassa, per far vedere che l’ho rubato io. Poi subito lo rimetterà, perché i suoi soci naturalmente non abbiano a soffrir danno della fiducia che mi hanno accordato per un riguardo a lei. È chiaro. Il ladro resterò io.

Agata (insorgendo). No! no! questo no!

Controparte dei due uomini. E allora, come per correggere, senza cancellarla, l’impressione della sua protesta:

E il bambino?

Baldovino. Ma è una necessità, signora...

Agata. Ah, no! Io non posso, io non voglio ammetterla!

SCENA DODICESIMA

Cameriere, Detti, poi i Quattro Consiglieri, Marchetto Fongi, la Signora Maddalena, la Comare.

Cameriere (presentandosi sull’uscio a destra in fondo e annunziando). I signori Consiglieri e il signor Fongi.

Si ritira.

Fabio (subito, costernatissimo). Rimandiamo a domani questa discussione!

Baldovino (pronto, forte, sfidando). Io sono deciso e pronto fin d’adesso.

Agata. E io vi dico che non voglio, capite? non voglio!