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il piacere dell’onestà | 649 |
sate, poteva entrare il cameriere. Chiudete almeno le porte, mi raccomando.
Agata (fremente di sdegno). Non c’era affatto bisogno di chiudere le porte!
Baldovino. Non dico per me, signora. Lo dico al signor marchese, per lei!
Agata. L’ho detto io stessa al signor marchese, che ora del resto
lo guarderà fieramente
Baldovino. Con me? Volentieri. E su che?
Agata (sprezzante). Domandatelo a voi stesso!
Baldovino. A me?
Si volta a Fabio:
Agata (a Fabio, imperiosamente). Parlate!
Fabio. No, non adesso...
Agata. Voglio che glielo diciate adesso davanti a me!
Fabio. Ma bisognerebbe aspettare...
Baldovino (subito, sarcastico). Il signor marchese ha forse bisogno di testimonii?
Fabio. Non ho bisogno di nessuno! Voi avete intascato trecento mila lire!
Baldovino (calmissimo, sorridente). No, piú, signor marchese! Eh, sono piú! sono cinquecentosessantatremila... aspetti!
Caverà dalla tasca interna il portafoglio, ne trarrà cinque cartoncini con prospetti di cifre a rendiconto, debitamente intestati, e leggerà nell’ultimo la cifra totale:
Fabio. Siano quelle che siano! Non me n’importa! Potete tenervele, e andare!
Baldovino. Troppa furia... troppa furia, signor marchese! Lei ha ragione d’averne, a quanto sembra; ma appunto per questo badi che il caso è molto piú grave di quanto lei s’immagina.
Fabio. Ma via! Smettete adesso codeste arie!