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il piacere dell’onestà 625


Fabio. Oh, ne ho di piú io, allora. Quarantatre.

Baldovino. Ah, mi congratulo: li porta meravigliosamente. Sa? Forse anch’io, rimettendomi un poco... Quarantatre, dunque. Ora, scusi, debbo toccare un altro tasto molto delicato.

Fabio. Mia moglie?

Baldovino. Ne è separato. Per torti... lo so, lei è un perfetto gentiluomo e chi non è capace di farne, è destinato a riceverne. Per torti, dunque, della moglie. E ha trovato qua una consolazione. Ma la vita trista usuraja — si fa pagare quell’uno di bene che concede, con cento di noje e di dispiaceri.

Fabio. Purtroppo!

Baldovino. Eh, l’avrei a sapere! — Bisogna che ella sconti la sua consolazione, signor marchese! Ha davanti l’ombra minacciosa d’un protesto senza dilazione. — Vengo io a mettere una firma d’avallo, e ad assumermi di pagare la sua cambiale. — Non può credere, signor marchese, quanto piacere mi faccia questa vendetta che posso prendermi contro la società che nega ogni credito alla mia firma. Imporre questa mia firma; dire: — Ecco qua: uno ha preso alla vita quel che non doveva e ora pago io per lui, perché se io non pagassi, qua un’onestà fallirebbe, qua l’onore d’una famiglia farebbe bancarotta; signor marchese, è per me una bella soddisfazione: una rivincita! — Creda che non lo faccio per altro. Lei ne dubita? ne ha tutto il diritto; perché io sono... — mi permette un paragone?

Fabio. Ma sí, dica, dica.

Baldovino (seguitando). ... come uno che venga a mettere in circolazione oro sonante in un paese che non conosca altro che moneta di carta. — Subito si diffida dell’oro; è naturale. — Lei ha certo la tentazione di rifiutarlo: no? Ma è oro, stia sicuro, signor marchese. — Non ho potuto sperperarlo, perché l’ho nell’anima e non nelle tasche. Altrimenti!

Fabio. Ecco, bene! E allora, questo. Benissimo! Io non vado cercando altro, signor Baldovino. L’onestà! la bontà dei sentimenti!

Baldovino. Ho anche i ricordi della mia famiglia... Mi è potuto costare di sacrifizii d’amor proprio, d’amarezze senza 21-1