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il piacere dell’onestà | 613 |
all’amore con l’amore e apprezzare la fortuna che quell’altra ha calpestato.
Maurizio. Eh, sí! Calpestato, povero Fabio! Dice bene, signora. Non se lo meritava.
Maddalena. La ragione dice: — «No, tu non puoi, tu non devi» — non solo nel cuore di lei, ma anche nel cuore di quell’uomo, se è onesto, e in quello della madre che guarda l’uno e l’altra e si strugge. Si tace un pezzo; si ascolta la ragione, si soffoca lo strazio —
Maurizio. — e alla fine viene il momento —
Maddalena. — viene! ah, viene insidiosamente! — È una serata deliziosa di maggio. La mamma s’affaccia alla finestra. Fiori e stelle, fuori. Dentro, l’angoscia, la tenerezza più accorata. E quella mamma grida dentro di sé: — «Ma siano anche per la mia figliuola, una volta sola almeno, tutte le stelle e tutti i fiori!» — E resta lí, nell’ombra, a guardia d’un delitto, che tutta la natura intorno consiglia, che domani gli uomini e la nostra stessa coscienza condanneranno; ma che in quel punto si è felici di lasciar compiere, con una strana soddisfazione anche dei nostri sensi, e un orgoglio che sfida la condanna, anche a costo dello strazio con cui domani la sconteremo! — Cosí, caro Setti! — Non posso essere scusata, ma compatita sí. — Si dovrebbe morire, dopo. — Invece non si muore. Resta la vita, che ha bisogno, per sostenersi, di tutte quelle cose che in un momento abbiamo buttato via.
Maurizio. Sí, signora. Ecco. E c’è bisogno, innanzi tutto, di calma. Lei riconosce che finora, qua, tutti e tre, lei per un verso, Fabio e la signorina Agata per un altro, avete fatto troppa parte al sentimento.
Maddalena. Ah, troppa, troppa, sí, troppa!
Maurizio. Ebbene. Ora bisogna che il sentimento sia contenuto, si ritragga, per dar posto alla ragione, eh?
Maddalena. Sí, sí.
Maurizio. Per far fronte a una necessità che non ammette indugio! Dunque... — Ah, ecco Fabio.