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Guido (al colmo dello stupore, quasi atterrito). Come!

Barelli (c. s.). Che vuoi dire?

Leone (placidissimo). Ma io lo domando a voi.

Spiga (quasi tra sé). Che sia impazzito?

Leone. No, caro dottore, compos mei, perfettamente.

Guido. Tu devi batterti!

Leone. Anche?

Barelli. Come, anche?

Leone. Ma no, amici miei! Voi siete in errore!

Guido. Vorresti tirarti indietro?

Barelli. Non vuoi piú batterti?

Leone. Io? tirarmi indietro? Ma tu sai bene ch’io sto sempre fermissimo al mio posto.

Guido. Ti trovo cosí...

Barelli. E se dici...

Leone. Come mi trovi? Che dico? Dico che tu e mia moglie mi avete scombussolato jeri tutta la giornata, per farmi fare ciò che realmente ho riconosciuto che toccava a me di fare.

Guido. E dunque —

Barelli. — ti batti!

Leone. Questo non tocca a me.

Barelli. E a chi tocca?

Leone. A lui.

Indica Guido.

Barelli. Come, a lui?

Leone. A lui, a lui.

S’appressa a Guido, rimasto allibito, con le mani sul volto, e gliene stacca una per guardarlo negli occhi.

E tu lo sai!

A Barelli:

Egli lo sa! Io, marito, ho sfidato, perché non poteva lui per mia moglie. Ma quanto a battermi, no. Quanto a battermi, scusa,

a Guido, piano, scrollandogli un’ala del bavero e pigiando su ogni parola:

tu lo sai bene, è vero? che io non c’entro, perché via, non mi batto io, ti batti tu!