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Spiga. Ma che colazione! Lèvati! Altro che colazione!

Filippo. Vi dico di non toccarla!

Spiga (volgendosi verso la scrivania). Sgombrami quest’altra, allora!

Filippo. Voi scherzate! Non capite che queste due tavole qua parlano?

Spiga. Ma sí, lo so! Non ripetermi quel che dice lui! Due simboli: scrivania e tavola da pranzo; libri e stoviglie; il vuoto e il pieno. Non capisci tu, piuttosto, che tutte codeste diavolerie, da un momento all’altro, possono andare a gambe all’aria?

Filippo. Oh, insomma, gli avete anche ordinato la cassa da morto? Mi parete una direttore di pompe funebri!

Spiga. Bestia! Dio, che bestia... M’hanno detto che si va vestiti cosí... Ma guarda un po’! Dio solo sa che notte ho passato...

Filippo. Parlate piano!

Spiga (piano). E debbo anche combattere con lui. Sbrígati! Sparecchiami almeno qua quest’altro tavolino. Non ho tempo da perdere...

Filippo. Ah, per questo non ho difficoltà. Ci vuol pocol

Ne toglie via un portasigari e un vaso di fiori.

Eccolo sgombrato.

Spiga (vi stende la tovaglia che ha ancora sospesa in mano). Oh, finalmente!

E ora, mentre il dottor Spiga trarrà dalle due borse e disporrà qua sul tavolino, su cui avrà steso la tovaglia, i suoi lucidi, orribili strumenti chirurgici, Filippo, uscendo e rientrando per l’uscio della cucina, apparecchierà la tavola da pranzo.

Bisturi per la disarticolazione... coltelli interossi, pinze... sega ad arco... tenaglie... compressori...

Filippo. Ma che volete farne, di codesta macelleria?

Spiga. Come che voglio farne? Alla pistola! Non capisci che se, Dio liberi, prende una palla in corpo, possiamo anche trovarci a un caso d’amputazione? Una gamba... un braccio...

Filippo. Ah, bravo... E perché non avete portato con voi anche la gamba di legno?