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582 | maschere nude |
Silia (stenta a parlare). Non... non m’immaginavo che... che tu... —
Leone. — che io —?
Silia. — dovessi dire di sí.
Leone. Tu sai bene che io ti ho detto sempre di sí.
Silia (scattando in piedi, convulsa, in preda ai piú scomposti sentimenti, d’irritazione per questa placida, esasperante arrendevolezza del marito, di rimorso per ciò che ha fatto, di dispetto per l’amante che ha prima voluto sottrarsi a ogni responsabilità, e poi, credendo d’assecondar lei, per non perderla, ha passato ogni misura). Non posso soffrirlo! non posso soffrirlo!
È quasi per piangere.
Leone (fingendo di non comprendere). Come? ch’io ti abbia detto di sí?
Silia. Anche! Ma tutto... tutto questo... e che lui
allude a Venanzi,
Leone. Per colpa mia?
Silia. Ma sí! ma sí! per colpa tua, di codesta tua imperdonabile, inqualificabile indifferenza!
Leone (la guarda). Parli di... questa d’ora... o in generale... verso te?
Silia. Di tutta! sí, sempre! Ma di questa d’ora, specialmente!
Leone. Ti pare che se ne sia approfittato?
Silia. E non hai visto all’ultimo? Pareva che non volesse affatto saperne; e poi, vedendoti cosí remissivo, chi sa che condizioni sarà andato a fare!
Leone. Forse sei un po’ ingiusta verso di lui.
Silia. Ma se gli ho detto che cercasse di mitigare, di non esagerare adesso...
Leone. Già, ma prima lo avevi spinto.
Silia. Perché negava!
Leone. È vero. Già. Gli pareva che non ne avessi ragione.
Silia. E tu?
Leone. Io, che cosa?
Silia. Che credi tu?
Leone. E come, non hai visto? Ho detto di sí.
Silia. Ma forse tu credi che io abbia a mia volta esagerato.